Dal 16 settembre è possibile aderire all’iniziativa varata dall’associazione no-profit “ilsorrisodeibimbi” per vincere la paura del parto. Si tratta di incontri gratuiti per future mamme che si terranno nella sede dell’associazione, in via Giulio Bevilacqua 6 a Brescia (piazza Paolo VI). Gli incontri si propongono di insegnare alle future mamme a parlare delle emozioni “negative”, troppo spesso un tabù che rischia di creare importanti ostacoli nel corso della gestazione.
Il lavoro è diretto dalla dottoressa Romana Caruso, psichiatra e psicoterapeuta, con l’aiuto di psicologi e dell’ostetrica Francesca De Rossi.
All’iniziativa saranno ammesse otto future mamme tra quelle che faranno richiesta, previo colloquio di selezione. Per partecipare è necessario non avere superato il primo trimestre di gestazione.
Per mostrare a tutti come sia fondamentale offrire ai piccoli e a chi li ama spazi di riflessione su quanto davvero li aiuti a stare bene, ad essere sani nel fisico e nell’ emotività. Troppo poca è l’attenzione alla cultura e alla cultura dell’ascolto.
Dibattito pubblico con l’intervento di:
Francois Ansermet, Università di Ginevra
Sergio Pecorelli, Università di Brescia
Alberto Ugazio, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma
Massimo Tedeschi, Corriere della Sera
Moderatrice, Romana Caruso
La mattinata è dedicata a «Ilbambino e la sua malattia: dalla pediatria alla psicoanalisi», ospite il professor François Ansermet.
L’incontro è stato organizzato dall’associazione «ilsorrisode
Come spiega l’assessore Francesco Pea, che ha aperto i lavori, la giornata è stata pensata contestualmente al lavoro svolto dall’Azienda Speciale Consortile Ovest Solidale nelle scuole di Gussago e Ome, che si stanno occupando di
emotività e funzione alimentare del bambino. Il lavoro ha tra i suoi obiettivi quello di creare una cultura nuova riguardo all’emotività del piccolo.
Il curriculum del professor Ansermet, psichiatra e psicoanalista, rispecchia questo intento:
primario del Servizio di Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e Direttore del Dipartimento
Universitario di Psichiatria alla facoltà di Medicina dell’Università di Ginevra, riveste numerosi
incarichi prestigiosi e ha ricevuto importanti onorificenze.
Volutamente breve la relazione introduttiva recitata a più voci: dalla psichiatria (Romana Caruso)
alla pediatria (Bernardino Ferrari e Andrea Rolla). Denominatore comune delle loro riflessioni: la
necessità di essere vicini ai piccoli e alle famiglie in maniera integrata, considerando la salute il
risultato del benessere fisico e psicologico.
Ma veniamo alla relazione di Ansermet: densa, intensa, che ha fatto vibrare l’auditorium di tutte le
emozioni dei piccoli e grandi pazienti di cui ha raccontato. Un racconto fatto di parole e di
immagini – i disegni dei bambini e le foto dei neonati, del loro primo sguardo all’ingresso nel
mondo -. Per tutta la sua relazione, François Ansermet ha continuato a sottolineare l’importanza
di non dimenticare mai la densità e l’unicità di quegli sguardi: gli stessi che ogni medico deve
ricercare dietro alla malattia, gli stessi che sono la chiave di accesso a quel «sapere del bambino»
a cui occorre avvicinarsi per far nascere la vera qualità della cura. E a quei bebè il professore è
tornato parlando di psichiatria perinatale, la branca della psichiatria che ha come campo di
interesse, studio e cura la vita prenatale e la vita postnatale fino al terzo anno di età: un
paradigma del legame indissolubile che tra i temi della psicoanalisi e quelli della pediatria esiste
fin dal concepimento.
Non si è potuto non sfiorare delicate tematiche come l’origine della vita, la fecondazione assistita,
l’adozione. Ma anche la psicopatologia del bebè, le difficoltà in gravidanza, i problemi della
paternità. Un’attenzione particolare è stata rivolta agli studi sulla prematurità condotti a Ginevra da
Ansermet e dalla sua équipe, che mostrano vistosamente l’importanza dell’ansia dei genitori (in
assenza ovviamente di danno cerebrale) nell’improntare lo sviluppo psicomotorio dei bambini.
Ancora, molte considerazioni cliniche sulla medicina predittiva prenatale e le sue implicazioni
etiche oltre che psicologiche per medici, famiglie, nascituri, società.
La sua relazione si è snodata quasi per tre ore. Per i tecnici una pioggia di riflessioni, per tutti gli
altri un’apertura nuova sul mondo dell’emotività ancora semisconosciuto. Una immersione nel
vissuto del piccolo che soffre o interroga, a cui offrire una via d’uscita dalle difficoltà – da quelle
fisiche e da quelle del cuore.
Ansermet ha concluso dicendo che siamo geneticamente programmati per non essere programmati, per essere liberi; liberi di cambiare e trovare ogni giorno soluzioni nuove per riuscire ad affermare la propria unicità: «l’irriductible de la singularité».
La mattinata è dedicata a «Ilbambino e la sua malattia: dalla pediatria alla psicoanalisi», ospite il professor François Ansermet.
L’incontro è stato organizzato dall’associazione «ilsorrisode
Come spiega l’assessore Francesco Pea, che ha aperto i lavori, la giornata è stata pensata contestualmente al lavoro svolto dall’Azienda Speciale Consortile Ovest Solidale nelle scuole di Gussago e Ome, che si stanno occupando di
emotività e funzione alimentare del bambino. Il lavoro ha tra i suoi obiettivi quello di creare una cultura nuova riguardo all’emotività del piccolo.
Il curriculum del professor Ansermet, psichiatra e psicoanalista, rispecchia questo intento:
primario del Servizio di Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e Direttore del Dipartimento
Universitario di Psichiatria alla facoltà di Medicina dell’Università di Ginevra, riveste numerosi
incarichi prestigiosi e ha ricevuto importanti onorificenze.
Volutamente breve la relazione introduttiva recitata a più voci: dalla psichiatria (Romana Caruso)
alla pediatria (Bernardino Ferrari e Andrea Rolla). Denominatore comune delle loro riflessioni: la
necessità di essere vicini ai piccoli e alle famiglie in maniera integrata, considerando la salute il
risultato del benessere fisico e psicologico.
Ma veniamo alla relazione di Ansermet: densa, intensa, che ha fatto vibrare l’auditorium di tutte le
emozioni dei piccoli e grandi pazienti di cui ha raccontato. Un racconto fatto di parole e di
immagini – i disegni dei bambini e le foto dei neonati, del loro primo sguardo all’ingresso nel
mondo -. Per tutta la sua relazione, François Ansermet ha continuato a sottolineare l’importanza
di non dimenticare mai la densità e l’unicità di quegli sguardi: gli stessi che ogni medico deve
ricercare dietro alla malattia, gli stessi che sono la chiave di accesso a quel «sapere del bambino»
a cui occorre avvicinarsi per far nascere la vera qualità della cura. E a quei bebè il professore è
tornato parlando di psichiatria perinatale, la branca della psichiatria che ha come campo di
interesse, studio e cura la vita prenatale e la vita postnatale fino al terzo anno di età: un
paradigma del legame indissolubile che tra i temi della psicoanalisi e quelli della pediatria esiste
fin dal concepimento.
Non si è potuto non sfiorare delicate tematiche come l’origine della vita, la fecondazione assistita,
l’adozione. Ma anche la psicopatologia del bebè, le difficoltà in gravidanza, i problemi della
paternità. Un’attenzione particolare è stata rivolta agli studi sulla prematurità condotti a Ginevra da
Ansermet e dalla sua équipe, che mostrano vistosamente l’importanza dell’ansia dei genitori (in
assenza ovviamente di danno cerebrale) nell’improntare lo sviluppo psicomotorio dei bambini.
Ancora, molte considerazioni cliniche sulla medicina predittiva prenatale e le sue implicazioni
etiche oltre che psicologiche per medici, famiglie, nascituri, società.
La sua relazione si è snodata quasi per tre ore. Per i tecnici una pioggia di riflessioni, per tutti gli
altri un’apertura nuova sul mondo dell’emotività ancora semisconosciuto. Una immersione nel
vissuto del piccolo che soffre o interroga, a cui offrire una via d’uscita dalle difficoltà – da quelle
fisiche e da quelle del cuore.
Ansermet ha concluso dicendo che siamo geneticamente programmati per non essere programmati, per essere liberi; liberi di cambiare e trovare ogni giorno soluzioni nuove per riuscire ad affermare la propria unicità: «l’irriductible de la singularité».